mercoledì 27 maggio 2020

“Chi fraveca e sfraveca …”

Sono un’insegnante che non ha risposte.

I ragazzi pongono domande alle quali non posso fornire risposte.

Le famiglie cercano di comprendere, ma neanche per loro ci sono informazioni.

Così, nel tentativo di tenermi informata – per informare – consulto tutto il consultabile e la mia fonte di informazione preferita, perché continuamente aggiornata, mi restituisce ogni giorno lo stesso messaggio con date che si rincorrono. Quindi decido di andare alla fonte: il sito web del Senato.

E scopro che la 7a Commissione Istruzione viene convocata e sconvocata ogni giorno come se non ci fosse un domani; leggo che gli esami di Stato del I Ciclo e del II Ciclo si svolgeranno tra 2 settimane e dal MI ancora non arriva la conversione in legge del DL 22, inerente la conclusione di quest’anno scolastico e l’inizio del prossimo.

Ora, è chiaro che i Senatori della Repubblica abbiano una mole di lavoro immenso da svolgere. Soprattutto in questo periodo di emergenza. E’ altrettanto scontato che si debbano individuare delle priorità. E’ certo che gli esami dovranno svolgersi, allora? Cosa si attende?

Sarò anche pesante e ridondante, ma continuare a leggere – sul sito del Senato – che le riunioni della 7a Commissione vengono convocate e, successivamente, sconvocate; leggere che le discussioni durano al massimo una mezz’ora senza giungere a conclusione in tempi REGOLARI, mi fa pensare al famoso detto “chi fraveca e sfravecanun perde maje tiempo.

Letteralmente significa che chi fa e disfa, non perde mai tempo, ma questa locuzione si usa a commento delle inutili opere di taluni che non portano mai a compimento le cose che cominciano, per cui il loro comportamento si traduce in una perdita di tempo mai finalizzata a qualcosa di utile.

Ecco, forse sarà anche vero che chi fa e disfa il tempo non lo perde. Certamente lo impiega male. Lo impiega a non concludere molto. E sicuramente contribuisce a far perdere tempo a chi attende norme certe, disposizioni inequivocabili e leggi fornite in tempi UMANI.

In questo periodo abbiamo ricevuto informazioni dal MI: hanno dichiarato tutto ed il suo contrario. Senza rispetto per le tante persone rigorose che nella scuola operano a tutti i livelli. Convocati e sconvocati senza ritegno. Senza rispetto.

E’ necessario che si sappia.

Lo devo ai miei alunni, alle loro famiglie. Per una questione di rispetto.

Lo devo a me stessa. Sempre per una questione di rispetto.


lunedì 18 maggio 2020

Non esistono più le mezze stagioni.


Quando è cominciato il periodo di chiusura totale, ho iniziato subito il cambio di stagione.
Era il 5 marzo, ma si capiva già che tutta la primavera l’avremmo trascorsa in casa.
E così, bypassando marzo, aprile e maggio, è cominciato il sali-scendi degli abiti. Di prima mattina. A mente lucida. Devo dire che è stata una scelta giusta, anche perché non esistono più le mezze stagioni.

Così come non esistono più le vecchie ordinanze: quelle in cui tutto era chiaramente scandito, quelle in cui i riferimenti alle leggi vigenti erano reali e non in deroga, quelle in cui - a leggerle attentamente - trovavi tutte le risposte ai tuoi dubbi, quelle che non lasciavano spazio ad interpretazioni personali! Tempi andati. Tempi in cui leggevi e comprendevi. Potevi anche non concordare su qualche punto, ma la legge è legge. E si rispetta.

E le minuziose indicazioni INVALSI? Ve le ricordate? Io avrei gradito molto dimenticarle (come le mezze stagioni), ma ne restano indelebili le tracce: firma per ricevuta in doppia copia, apri il pacco, apri la busta, ritaglia il codice, attacca l’etichetta, getta le fascette, apri il fascicolo (ma solo alla prima pagina), non leggere, ascolta, leggi, svolgi, rispondi, crocetta, metti NO sulla crocetta se hai sbagliato, correggi, tabula le risposte, spegni il cellulare, deposita il cellulare, rispondi senza dire, parla senza rispondere… Un delirio ragazzi!

Quest’anno l’INVALSI non mi è mancato. Sinceramente.
Mi sono mancate le mezze stagioni. Quelle sì!

Ed anche le ordinanze di un tempo in cui la scuola era ancora Vera Scuola.

Mi sono mancate quelle ordinanze antiche in cui leggevi il titolo dell’articolo e sapevi, con certezza, che il contenuto avrebbe riguardato proprio quel titolo. Che nostalgia quelle ordinanze in cui non potevi evidenziare le parti salienti, perché ogni parola ed ogni riferimento normativo erano ugualmente degni di attenzione! Quanto mi mancano quelle indicazioni ministeriali in cui NULLA era tralasciato e TUTTO il contenuto riguardava, capillarmente, fasi, situazioni, soggetti unici e norme univoche.

NULLA era lasciato al caso. TUTTO evidenziava precise competenze.
Ma si sa, “panta rei”.
Così le mezze stagioni diventano clausura.
Il NULLA diventa una precisa competenza e il TUTTO viene lasciato al caso.

giovedì 7 maggio 2020

Non vedo biglietti volare.

Se queste videolezioni riescono a stressare persino me, non posso neanche immaginare cosa possano provocare nei miei studenti! Ma “stressare” non è la parola esatta. Perché, in realtà, voglio intendere qualcosa di sottilmente diverso: non mi piace fare-cose in modi non coerenti con le finalità per cui quel fare-cose aveva una sua ragione di esistere. La scuola, per me, è un’esperienza di vita entusiasmante. Per i miei alunni è un’esperienza di comunicazione delirante. Nel complesso, potremmo definirla un “entusiasmante delirio”.

Io non so esattamente come possa accadere che tutti abbiano qualcosa da raccontare a tutti contemporaneamente. Né so perché tutti abbiano il desiderio di parlare continuamente. E non conosco neanche il motivo per il quale, anche quando un’altra attività è in fase di svolgimento, i ragazzi continuino a dirsi-cose, scambiandosi bigliettini sopra o sotto il banco…


Praticamente non so nulla, ma so che tutto questo mi piace. Poi, tra una chiacchiera e l’altra, in modo del tutto casuale e residuale, riesco persino ad inserire la mia presenza in quello che abbiamo definito come “entusiasmante delirio”. Non si fermano mai. Ed io neanche. 

Mi fanno sorridere perché passano dal “maestra” dei primi tre mesi di prima media, al “prooof” della terza. Mi fanno ridere quando passano dagli applausi regolari della prima media, all’applauso irregolare (un solo battito di mani, seguito da una fragorosa risata) della terza. Mi divertono quando passano dalla merenda consumata usando un ordinato tovagliolo dispiegato sul banco in prima, ad una merenda ingurgitata in fretta tutti seduti per terra - oltre l’ultima fila di banchi - in terza. Hanno troppe cose da raccontare e tutto da raccontarsi.

La scuola, quella dell’entusiasmante delirio, dal 5 marzo è differente.

Molto altro. Praticamente tutto ciò che resta. Nel complesso, potremmo definire La scuola come un “tutt’altro”.
Non sento racconti sussurrati. Non ascolto storie raccontate. Non osservo ragazzi a frotte. Non vedo sorrisi: né nascosti né palesi. Non spalanco finestre ad oltranza. Non ascolto improbabili dimenticanze. Non vedo le stelle ogni volta che il mio ginocchio urta contro lo spigolo della vetusta cattedra.

E, soprattutto, non vedo biglietti volare. Perché, dal 5 marzo, la scuola è tutt’altro.