venerdì 29 giugno 2018

Caro collega, adda passà a nuttàta!


Ingenuamente, pensavo che sarebbe stata una vera fortuna avere un collega come presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati!
Poi, le prime dichiarazioni di Luigi Gallo, il collega, hanno destato qualche perplessità. “Bisogna aprire gli istituti anche il pomeriggio con il tempo pieno al Sud per recuperare il ritardo con il resto del Paese e la sera per attività con tutti cittadini, giovani, adulti e anziani come diffusi presìdi culturali.”
Mi domando e domando al collega: il recupero del ritardo del sud va effettuato SOLO aprendo gli “istituti”? Ma di quali “istituti” si parla? CHI dovrebbe aprire gli “istituti”? E COSA, esattamente, si dovrebbe proporre a tutte le ore di giorno-pomeriggio-sera a tutte le componenti della società civile? DOVE, precisamente, si dovrebbero svolgere le attività di intrattenimento mattutino-pomeridiano-serotino? Forse negli istituti scolastici privi di agibilità di cui è costellato il territorio italiano? PERCHÉ tanti cittadini onesti e laboriosi, di ogni età e censo, dovrebbero frequentare questi “istituti”? Il QUANDO è chiaro: sempre!

Così abbiamo esaurito il principio cardine della buona informazione: la regola delle 5 W sarebbe stata soddisfatta se il collega-presidente avesse meglio espresso il proprio pensiero…
Ma resta ancora un chiarimento che si rende necessario, leggendo la chiosa delle prime dichiarazioni rilasciate dal collega Gallo: “lo Stato deve esserci soprattutto in zone con alto disagio economico e sociale con l’apertura dei presìdi scolastici e finanziamenti opportuni per invertire il paradigma della cultura e dell’istruzione nel nostro Paese”.
Ecco, qui si è espresso definitivamente il concetto di apertura H24 dei presìdi scolastici: modello Pronto Soccorso! Pare che il collega abbia una sorta di fissazione a riguardo, perché la spiega - giustificando e motivando tale proposta - esprimendo una chiara volontà di “invertire il paradigma della cultura e dell’istruzione nel nostro Paese”!
Mi domando e domando al collega, COSA voglia esattamente invertire! Ma, posta in questo modo, la domanda rischia di essere troppo generica, quindi preferisco dettagliarne il contenuto.
Dichiarare di voler invertire il paradigma dell’istruzione, significa svuotare di ogni valore il sistema-scuola italiano. E un collega dovrebbe conoscere in modo approfondito il valore della scuola, della formazione, delle scelte pedagogiche e didattiche della scuola italiana! Inoltre, il collega-presidente propone attività NON menzionate nel Contratto per il Governo del Cambiamento Lega-M5S.
Ottimisticamente, pensavo di non dover procurare un breve riassunto del Contratto ad un collega. Ma è una mansione non ardua...
Pagina 16 - CULTURA (valorizzazione dei Beni Culturali).
Pagina 41 - SCUOLA (valorizzazione del personale docente, abolizione delle classi numerose che mi rifiuto di chiamare “pollaio” per rispetto nei confronti di tutti gli alunni del mondo; abolizione del precariato e progressivo ridimensionamento della Buona Scuola). 
Pagina 55 - UNIVERSITÀ E RICERCA (valorizzazione della ricerca e dell’AFAM).

Questo, in sintesi, il contenuto del contratto: 58 paginette facili facili che racchiudono in tre paginette (16, 41 e 55) i temi cari a chi nella scuola vive e a chi di cultura si nutre!
Quindi, collega Gallo, pur rendendomi conto del fatto che questa è la tua seconda (dunque ultima) legislatura, vorrei chiederti di rasserenarti. Forse, se farai un altro po’ di ammuijna, la Casaleggio & Co. ti consentiranno di non entrare mai più in una scuola come docente. Forse ti consentiranno di conservare ruolo e poltrone attuali. Forse ti garantiranno un tempo aggiuntivo perché tu possa leggere bene la Buona Scuola e il Contratto di Governo del Cambiamento.
In ogni caso, Gallo, stai sereno e ricorda che... adda passà a nuttàta!

martedì 26 giugno 2018

Lorenzo Fioramonti si chiama! (nell'immagine, la fantastica migrazione del falco pecchiaiolo)


E’ un deputato della Repubblica italiana e, per aver visitato una scuola finlandese, si è perdutamente innamorato del sistema-scuola nord europeo. Vuole addirittura trasferirlo qui in Italia! Una sorta di traslazione di modelli educativi, didattici e pedagogici. Una cosa senza troppo impegno: direttamente dalla Finlandia all’Italia. Lorenzo Fioramonti si chiama.

È un gran pensatore: di quelli che si autoconvincono della bontà delle loro idee; di quelli che passano con facilità dalla militanza a sinistra al M5S; di quelli che pensano di poter raccontare la scuola finlandese leggendo un articolo di un anno fa; di quelli che mescolano - senza ritegno - “sperimentazione sociale, digitalizzazione dei trasporti e politiche sociali con la filosofia educativa”.  Egli pensa che il clima della Finlandia sia identico a quello dell'Italia. Poi pensa che gli edifici scolastici finlandesi siano strutturalmente identici a quelli italiani. Inoltre, pensa che importare un modello educativo possa prescindere dalla cultura di un popolo. Insomma, costui pensa che la scuola italiana sia tutta da ricostruire a immagine e somiglianza della scuola finlandese. Insomma, il signor Fioramonti, senza saper né leggere né scrivere, ha twittato!

E’ stato il suo primo tweet da sottosegretario. Un tweet più simile ad un minestrone ribollito che ad altro… Il ragazzo, probabilmente, non ha riflettuto a sufficienza, lanciandosi in una proposta insensata. Peccato che abbia perso un'occasione per tacere! Che poi, le ultime notizie lo davano in Sud Africa, impegnato ad insegnare nell’Università di Pretoria, ma si sa, il sud Africa e la Finlandia sono confinanti…

Dicevo prima “senza saper né leggere né scrivere” perché nulla di quanto proposto da Fioramonti è stato scritto nel contratto di governo Lega-M5S quindi è evidente che il nostro lungimirante deputato non sappia leggere. Riguardo alla scrittura, poi, non mi pare di aver mai letto alcun articolo scientifico, né alcun trattato ad opera del medesimo dunque, preferendo i tweet, è evidente che sia poco avvezzo alla scrittura. Certo, “Presi per il PIL” era il libro che lo aveva reso famoso in ambito 5S, ma un filosofo che scriva di economia non è poi il massimo delle aspirazioni e una casa editrice che si chiama l’Asino d’Oro… non m’appassiona.

Ma per essere stato folgorato da una scuola finlandese, deve certamente avere un'ottima memoria visiva. Ecco, gli consiglio di usare bene questa dote innata. In questo modo avrà la possibilità di focalizzare la sua attenzione sulla miserrima fine di Renzi che è stato solo l'ultimo in ordine di tempo a “giocare” con la scuola italiana!  

Conviene tenere bene a mente il nome di chi vuole trasformare l'Italia in Finlandia: Lorenzo Fioramonti si chiama!

giovedì 21 giugno 2018

Il patteggiamento del VUC.


In principio fu la 107 del 2015 (detta Buona Scuola) da cui scaturirono deleghe, decreti e note ministeriali. Tutto rigorosamente redatto da chi MAI aveva messo piede in un’aula scolastica. In principio fu la 107: una capillare distruzione del sistema scuola. Poi una serie di decreti legislativi, decreti ministeriali, circolari e note esplicative inneggianti al patteggiamento del VUC (Voto Unico Concordato).

Lor Signori hanno deciso che durante l'esame di Stato conclusivo del I ciclo di istruzione (terza media) i candidati svolgeranno una sola prova scritta riguardante le lingue straniere: una prova unica divisa in due sezioni. Gli insegnanti delle due lingue straniere correggeranno questa prova unica, la valuteranno e, alla fine, patteggeranno un VUC che ATTENZIONE! si raccomanda che NON sia la media tra le due valutazioni.

Quindi, per la prova scritta di lingue straniere: giornata unica, prova unica, foglio unico, voto unico. Docenti: due!

Ora, premesso che migliaia di insegnanti patteggeranno il VUC di lingua straniera - perché obbligati dalle norme vigenti - penso sia opportuno rilevare qualche incongruenza.
1.   Gli studenti non hanno prestazioni identiche nelle due lingue straniere studiate, quindi, perché un VUC?
2.   Gli insegnanti valutano le competenze mediante la certificazione delle competenze quindi, che senso ha un VUC sulla prova scritta?
3.   Ogni prova d'esame è corretta da UN docente di riferimento, il quale propone UNA valutazione poi ratificata collegialmente, quindi, perché i docenti di lingua straniera devono esprimere un VUC pur essendo due docenti distinti?
4.   In un'epoca in cui ogni valutazione fa media, perché si raccomanda di esprimere un VUC che non sia la media tra le due valutazioni di lingua straniera?
5.   Se la prova di lingua straniera è unica, perché si raccomanda di prevedere un congruo intervallo temporale tra le due sezioni? Forse per evitare eventuali inferenze linguistiche? No, Lor Signori non sanno neanche cosa siano!

E allora, visto che il patteggiamento del VUC era questione a me sconosciuta, intendo pubblicamente ringraziare, nell'ordine:
Mattarella, Renzi, Giannini (firmatari della 107/2015); Mattarella, Gentiloni, Fedeli, Madia, Padoan (firmatari del D. Lgs. 62/2017); Fedeli (firmataria del D.M. 741/2017); De Pasquale (firmataria della Nota 1865/2017); Palermo (firmataria della Nota MIUR 7885/2018).

Grazie per aver reso, anche la scuola, sede di patteggiamenti. Fortunatamente la Vera Scuola è molto altro.

Pensavate di semplificare le procedure? Ebbene no! Non le avete semplificate perché, di fatto, avete reso ridicola una procedura rigorosa e seria. 

Pensavate di firmare delle direttive conformi alla Costituzione? Ebbene no! Perché il patteggiamento del VUC non è in alcun modo contemplato all’art. 33 della Costituzione che prevede libertà nell’insegnamento con riferimento al profilo metodologico e contenutistico e libertà dell’insegnamento con riferimento all’ambito organizzativo e strutturale.

Pensavate di implementare la comunicazione? Ebbene no! Non l’avete implementata perché, di fatto, avete obbligato i docenti a concordare -senza criterio- valutazioni che possono anche essere legittimamente discordanti.

Pensavate ci fosse qualcosa da salvare nella 107? Ebbene no! E’ tutta da buttare via perché la Vera Scuola è una cosa seria; il patteggiamento del VUC no.

martedì 22 maggio 2018

La poesia di Rosa. (Rif.: Nota MIUR 1143 del 17.05.2018)


Mancava l’esortazione ministeriale di fine anno alla promozione coatta di ogni studente.
Mancava un resoconto finale di luoghi comuni e fraseggi scopiazzati.
Mancava il memento conclusivo stile Totò, Peppino e la malafemmina: “Signorina, veniamo noi, con questa mia, addirvi…”
Poiché, alla fine dell'anno scolastico, si sentiva la mancanza di tutto ciò, è arrivata la poesia di Rosa.
Svolgimento: cari tutti, siete autonomi da quasi vent'anni quindi dovete promuovere tutti altrimenti dimostrerete di non aver capito nulla dell’I-care di Don Milani.
Firma: Rosa.
Ricorrenza dei termini: “autonomia” 9 volte; “successo formativo” 18 volte.
Ringraziamenti: Grazie Rosa. Le tue parole mi hanno fatto meglio comprendere quanto inutile sia il mio ruolo di docente e di educatore. Farò come dici. Tranquilla.
Differenze: Rosa, tu citi un aforisma di Einstein (probabilmente), io gli parlo!
In realtà, avevo già “autonomamente” deciso leggendo norme che hai solo citato ma non menzionato; avevo già “autonomamente” deciso dopo l’approvazione di una legge di riforma costituita da un solo articolo; avevo già “autonomamente” deciso pur senza conoscere amabili aforismi attribuiti a valenti scienziati.
Suggerimenti: nelle tue prossime poesie, non dimenticare l’Invalsi! Perché l’Invalsi è l’esatta negazione di quanto tu scrivi. Ricorda che la standardizzazione non può essere individualizzazione.
Conclusioni: Rosa, con la sua poesia ha tentato di superare il muro del suono ed ha, invece, superato il muro dell’inutile esortazione bonaria, aprendo i confini dell’ovvio.
Non è esattamente così che funziona.
La Vera Scuola è un’altra cosa.
REGISTRO UFFICIALE
Prot. n. 0001143 - 17/05/2018 - USCITA
TESTO INTEGRALE
Oggetto: L'autonomia scolastica quale fondamento per il successo formativo di ognuno.

L'educazione e l'istruzione sono diritti fondamentali dell'uomo e presupposti indispensabili per la realizzazione personale di ciascuno. Essi rappresentano lo strumento prioritario per superare l'ineguaglianza sostanziale e assicurare l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione. È evidente che in questo periodo storico, colmo di criticità, contraddizioni ma anche di grandi opportunità, convivono enormi differenze culturali, sociali ed economiche per ciò che concerne le possibilità di benessere e di qualità della vita. In tale contesto il sistema educativo e
di istruzione rappresenta  il fulcro dello sviluppo sia della persona che della comunità; il suo compito è quello di consentire a ciascuno di sviluppare pienamente il proprio talento e di realizzare le proprie potenzialità". (1)
Per questo la scuola è il luogo dove il diritto all'educazione e all'istruzione diventa dovere e responsabilità per la cittadinanza attiva. La scuola del nuovo millennio tiene conto di due dimensioni equamente importanti: da una parte, la cura e il dovere di riconoscere l'unicità delle persone e rispettarne l'originalità e, dall'altra, la capacità di progettare percorsi educativi e di istruzione personalizzati nell'ambito del contesto classe, in un delicato equilibrio fra persona e gruppo, in una dinamica che si arricchisce dei rapporti reciproci e della capacità di convivenza e rispetto civile. Laddove l'istituzione scolastica perda di vista la persona per il sistema, o viceversa, rischia di divenire uno "(...) strumento di differenziazione sempre più irrimediabile,,(2). Il Regolamento dell' Autonomia scolastica, D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, all'articolo 4 descrive le scuole come le istituzioni che ..(...) concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo". Anche la Legge 13 luglio 2015, n. 107 e i successivi decreti legislativi rafforzano ulteriormente l'autonomia scolastica "(...) per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo ,,  (3) nonché il riconoscimento e la valorizzazione dei talenti di ognuno. Tale finalità costituisce l'obiettivo principale del sistema scuola del nostro Paese. Nello svolgimento di questa funzione, le istituzioni scolastiche possono avvalersi di tutti gli strumenti di pianificazione strategica previsti dalla normativa, sia a livello di scuola che di singola classe. Detti strumenti sono di supporto alle scelte didattiche, educative ed organizzative per la definizione e concretizzazione di curricoli verticali che possano essere percorsi da ciascuno con modalità diversificate in relazione alle caratteristiche personali. Si tratta di "cucire un vestito su misura per ciascuno" con attenzione e cura, per cui le forme di flessibilità dell'autonomia scolastica costituiscono la "cassetta degli attrezzi" per promuovere ..(...) il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione,,(4) Gli atti formali di documentazione, condivisione e valutazione delle scelte dell'autonomia scolastica, quali ad esempio il Rapporto di Autovalutazione (RAV), il Piano triennale dell'offerta formativa (PTOF) e il Piano di Miglioramento (PdM) nonché quelli di "personalizzazione" dei percorsi, devono essere coerenti ed essenziali, senza sovrapposizioni che facciano perdere di vista il fine ultimo della progettazione: il successo formativo di tutti. Quando allo strumento si attribuisce un valore tale da identificarlo quasi con il fine, si rischia di assistere ad una scuola che tende a categorizzare e modellizzare, non attribuendo il giusto spazio alla riflessione professionale, collegiale e ai percorsi di ricerca azione nel contesto di riferimento.
La scuola ha il dovere di garantire una proposta di educazione e di istruzione di qualità per tutti, in cui ciascuno possa riconoscere e valorizzare le proprie inclinazioni, potenzialità ed interessi, superando le difficoltà e i limiti che si frappongono alla sua crescita come persona e come cittadino: "Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido” (5) Anche la Circolare n. 8 del 6 marzo 2013, con la quale si dava diffusione del documento del Ministro pro-tempore presentato in occasione del Seminario nazionale "La via italiana all'inclusione scolastica. Valori, problemi e prospettive", rientrava in un'ottica di attenzione al singolo alunno: cogliendo il dibattito internazionale in corso fra i Paesi con una diversa dimensione culturale di inclusione rispetto all'Italia e introduceva nel panorama del nostro sistema di educazione e di istruzione la definizione di BES che l'OCSE definisce Special Education Needs. L'intento era indurre il personale scolastico ad una maggiore presa in carico anche degli studenti che non fruissero delle tutele della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 e della Legge 8 ottobre 2010, n. 170, attraverso il riconoscimento del disagio, anche temporaneo, fisico, psicologico, economico o sociale e la conseguente realizzazione di percorsi di flessibilità e di pratiche di individualizzazione e di personalizzazione nella progettualità educativa e didattica. La citata nota suggeriva alcuni fra gli strumenti di progettazione, condivisione e documentazione ritenuti adeguati al perseguimento del successo formativo degli alunni con BES che, per diverse cause, manifestassero varie forme di disagio/svantaggio. La documentazione proposta, seppur utile a condividere scelte e finalità, ha spesso appesantito l'attività scolastica tanto da essere intesa da molti docenti alla stregua di meri processi burocratici, rischiando così di rafforzare la percezione dei genitori che tali atti e procedure possano assicurare un diverso livello di presa in carico di alcuni alunni; in realtà l'impegno della funzione docente deve essere equo e di qualità per tutti e, per questo, diversificato secondo i diversi bisogni educativi di ciascuno: "Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali ,,(6). Il docente è chiamato a svolgere la propria professione affinché tutti e ciascuno raggiungano il successo formativo nella ricchezza e opportunità di essere parte di un gruppo classe che fruisce del valore aggiunto di un ambiente di apprendimento e di socializzazione educativa.
Guardare la classe solo come un insieme di singole persone tralascia la dimensione sociale e l'acquisizione di importanti competenze relazionali strettamente connesse con la sfera dell'autonomia, della responsabilità e della capacità di saper "prendersi cura": I care di Don Milani. Si tratta di non ridurre i traguardi da raggiungere, nell'ambito degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e formazione, ma di favorire, progettare ed accompagnare percorsi diversi, affinché ne sia garantito il loro conseguimento. Già nel 2013 con nota prot. n. 2563 del 22 novembre, questo Ministero ha sentito la necessità di sottolineare come la personalizzazione degli apprendimenti, la valorizzazione delle diversità e lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno fossero garantiti, prima di tutto dalla Costituzione, ma anche dalle disposizioni di cui al DPR 8 marzo 1999, n. 275 a cui la circolare n. 8/2013 offriva alcuni strumenti di lavoro a disposizione dei docenti, nel rispetto della libertà di insegnamento. L'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche, del resto, comporta scelte condivise dalla comunità educante, maturate nei luoghi di partecipazione, riflessione e formalizzazione previsti dalla normativa quali, ad esempio, il collegio dei docenti, il team docenti e il consiglio di classe, oltre che l'adozione di strumenti e di tempi per la progettazione curricolare, sia per il singolo alunno, che per la classe e per la scuola.
È evidente, per quanto detto, che il dirigente scolastico assume un ruolo determinante per la qualità dell'offerta formativa: egli, infatti, nello svolgimento della sua funzione esplica "(...) autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane" per effettuare scelte che assicurino il perseguimento "della flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza ed efficacia del servizio scolastico ,,(7). Tale ruolo si manifesta anche tramite il riconoscimento dei luoghi essenziali di scelta, partecipazione e condivisione, quali gli organi collegiali, nonché nella possibile semplificazione ed essenzialità degli strumenti di progettazione e di riflessione, con un utilizzo funzionale dei documenti, ad esempio verbali e delibere. È possibile quindi favorire un'utile razionalizzazione che serva a riconoscere e valorizzare le risorse professionali e strumentali, a ridurre la sovrapposizione di interventi e di documentazione, talvolta, fra loro, anche poco coerenti, nella relazione tra l'agito e il dichiarato. Quanto detto affinché i
docenti possano dedicare la propria professionalità per ricercare e approntare ambienti di apprendimento in grado di perseguire il successo formativo per tutti, evitando adempimenti talvolta avulsi dalla didattica e dalla promozione dell'apprendimento nel rispetto dei ritmi di crescita e delle inclinazioni di ciascuno. Tutto ciò ponendo in essere le profonde potenzialità delle dinamiche relazionali dove le diversità sono utili strumenti di crescita, aiuto reciproco, fondamenta per la costruzione dell'identità personale e del gruppo classe. È necessario riavviare un confronto professionale che superi la tendenza a distinguere in categorie le specificità di ognuno, con il rischio di attuare la personalizzazione prevalentemente mediante l'utilizzo di strumenti burocratici e di mero adempimento per sviluppare, invece, proposte che tengano conto della complessità, della eterogeneità e delle opportunità formative delle classi. La Legge 13 luglio 2015, n. 107 e i successivi Decreti legislativi hanno rilanciato l'autonomia scolastica, con nuove risorse e modalità organizzative, per rispondere realmente alle esigenze educative, di istruzione e di formazione di un territorio. La finalità è quella di promuovere il "fare scuola di qualità per tutti". Personalizzare i percorsi di insegnamento-apprendimento non significa parcellizzare gli interventi e progettare percorsi differenti per ognuno degli alunni delle classi, quanto pensare alla classe, come una realtà composita in cui mettere in atto molteplici modalità metodologiche di insegnamento-apprendimento, funzionali al successo formativo di tutti. Ogni singola realtà scolastica può essere considerata come un laboratorio permanente di ricerca educativa e didattica nella quale, in un percorso di miglioramento continuo, il personale scolastico trova riconoscimento e crescita professionale adeguati alle sfide sempre più complesse che si presentano. Oggi il contesto normativo è notevolmente modificato: si è assistito ad un' importante crescita culturale e sono stati introdotti nuovi assiomi di riferimento, nuove risorse professionali, economiche e strutturali affinché a ciascuno sia data la possibilità di vedersi riconosciuto nei propri bisogni educativi "normali", senza la necessità di ricorrere a documenti che attestino la problematicità del "caso", fermo restando le garanzie riconosciute dalla Legge n.104/1992 e dalla Legge n.170/2010. I docenti e i dirigenti che contribuiscono a realizzare una scuola di qualità, equa e inclusiva, vanno oltre le etichette e, senza la necessità di avere alcuna classificazione "con BES" o di redigere Piani Didattici Personalizzati, riconoscono e valorizzano le diverse normalità, per individuare, informando e coinvolgendo costantemente le famiglie, le strategie più adeguate a favorire l'apprendimento e l'educazione di ogni alunno loro affidato. In questa dimensione la soluzione al problema di un alunno non è formalizzarne l'esistenza, ma trovare le soluzioni adatte affinché l'ostacolo sia superato. Dopo aver per tanti anni acquisito una sensibilità legata all'individuazione e alla gestione dei Bisogni Educativi Speciali, ora le nostre comunità educanti possono andare oltre: progettare modi nuovi di fare scuola che aiutino ciascuno a scoprire e a far crescere le proprie competenze e capacità, maturare la consapevolezza che "apprendere" è una bellissima opportunità fortemente legata alla concretezza e alla qualità della vita. La dispersione non va recuperata, ma evitata: lo studente che trova nella scuola risposte ai propri bisogni educativi, di istruzione e di espressione personale, non andrà incontro a insuccesso, demotivazione e infine abbandono. Si ritiene, quindi, necessario, in previsione del rinnovo del Piano Triennale dell'Offerta Formativa, proporre alle SS.LL. di avviare nei collegi docenti, nei dipartimenti disciplinari, nei consigli di classe e di interclasse, una riflessione sull'evoluzione del contesto normativo ed organizzativo della scuola italiana, anche dando impulso a momenti di scambio professionale per la valorizzazione delle competenze e la promozione di attività di ricerca e sperimentazione didattica. In continuità con il processo di partecipazione già avviato da questo Ministero, le istituzioni scolastiche potranno, attraverso la condivisione della presente nota, operare nell'ottica descritta di semplificazione, ottimizzazione delle procedure e valorizzazione della professionalità docente. Tutto ciò al fine di elaborare curricoli verticali e di assicurare la predisposizione di ambienti di apprendimento coinvolgenti c partecipati oltre che di scelte didattiche efficaci ed ineludibili per far crescere nuove generazioni di cittadini consapevoli, ciascuno con i propri talenti, capacità e competenze, che prendano in carico il cambiamento sostenibile del Paese per un futuro migliore.

IL CAPO DIPARTIMENTO
Rosa De Pasquale

1.     Delors "Nell'educazione un tesoro"
2. Scuola di Barbiana, "Lettera a una professoressa"
3. comma 1 articolo 1, Legge 13 luglio 2015. n. 107
4. articolo 1 Decreto Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275
5. aforisma attribuito a Albert Einstein
6.  Scuola di Barbiana. "Lettera a una professoressa"
7. articolo 25 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001. n. 165 e articolo 1 del Decreto Legislativo 6 marzo 1998,n. 59