lunedì 6 luglio 2020

Ogni casella ha un suo perché.

Intendo casella di posta elettronica. E qualcuna non ha un perché.

Il momento in cui sono entrata nel vortice del web è segnato in modo indelebile dalla mia prima casella di posta elettronica, quella storica che ha iniziato a tracciare la storia delle mie mail. E’ una @virgilio e non si può cancellare. In parallelo, per un breve periodo della mia vita, ho avuto una e-mail @libero. Ma un giorno, quel concetto di libertà al maschile mi apparve come una caricatura, così la lasciai cadere in disuso… liberandomene. Poi mio fratello, il perfetto della famiglia, iniziò a scrivermi da una mail @iol, così, un po’ per avvicinarmi alla sua indiscussa perfezione, un po’ perché quell’ItaliaOnLine mi piaceva, mi dotai anch’io di una casella @iol.

E siamo a tre!

Era quasi tutto perfetto, ma nella mia vita spensierata entrarono le Istanze On Line del MIUR che all’epoca - stiamo parlando del giurassico - era MPI e che ora - stiamo parlando del nulla - è diventato MI. Ogni abitante del Regno Borbonico sorriderà per l’imbarazzante assonanza con una ben nota esclamazione… Così, per non fare confusione tra ItaliaOnLine e Istanze On Line, anche la mail @iol fu dismessa, senza troppi rimpianti, visto che anche il PB (Perfect Brother) l’aveva sostituita. Poi, si sa, la vita è in continua evoluzione e un certo momento della storia d’Italia fu segnato dalla messa in onda del BB (Big Brother). Insomma, per me era una questione già nota, studiata, acquisita. Me ne aveva parlato George… Ma per i miei alunni era tutto nuovo. Persino più interessante della scuola: praticamente l’unico argomento di conversazione con il quale riuscissi ad entrare in empatia con i loro interessi del momento. Così dedicai un supplemento di attenzione al fenomeno mediatico in questione, adoperando la casella di posta elettronica con la quale avevo intrapreso i miei primi passi nel web: @alice che, col tempo, aveva subito delle variazioni importanti, trasformandosi in @supereva. Con una stupefacente contemporaneità, per i social network, utilizzavo persino una @yahoo perché qualcuno mi aveva messa in guardia sull’importante necessità di non mescolare gli account…

E siamo a sei!

Poteva ancora essere umano controllare sei caselle di posta elettronica quotidianamente, ma si diffuse la moda della PEC. E poiché, a detta di molti, sarebbe stata equiparabile ad una raccomandata, decisamente e convintamente attivai la mia @pec. Naturalmente non avrei mai potuto immaginare che, in pieno lockdown, sarei stata obbligata ad andare a ritirare una raccomandata a mano! Veramente non avrei mai immaginato di vivere una pandemia, ma questo è un altro discorso. E non poteva finire qui. Infatti, come insegnante, ho il privilegio di avere una casella di posta elettronica istituzionale. Una mail @istruzione che ha la stessa capienza di un vasetto di capperi da 60 grammi. Con 14-15 mail è già piena e rifiuta tutto. Quindi, personalmente, l’ho sempre utilizzata come traghetto, nel senso che faccio confluire altrove tutta la posta istituzionale che, comunque, ha un suo perché e non può essere respinta al mittente solo perché un giorno non l’hai controllata e svuotata… Così, tra uno svuotamento ed un trasferimento, arriviamo al 2015. L’anno in cui l’ira funesta del tizianelide Matteo si abbatté sulla Scuola. Lo stesso anno in cui iniziai a raccontare lo school world con le school words. Naturalmente mi serviva una nuova casella per il blog, così attivai una @gmail della quale non posso fare a meno perché il blog è l’unico luogo in cui poter parlare senza interrotta!

E siamo a nove!

Ma il percorso delle caselle di posta elettronica, che era stato sufficientemente lungo e travagliato, riceveva il colpo di grazia inferto dal Covid-19. Da marzo 2020 in avanti s’è perso ogni ritegno. E s’è perso pure il conto… perché, all’improvviso, arriva quella che tutti chiamano DAD e che io ho sempre chiamato SAD (Scuola A Distanza) anche per il significato che il termine ha in inglese. Certo, sono state tutte scelte emergenziali e la contingenza del momento ha provocato un proliferare di account “dedicati”: si è partiti con una @gmail personale del docente per la scuola, seguita da una @gmail per ogni classe di docenza. Poiché insegno in sei classi, in un solo giorno, ho dovuto attivare sette caselle istituzionali e professionali: in un solo giorno si reiterava ciò che si era verificato in 30 anni di permanenza nel web!

E siamo a sedici!

Poi, sempre per la SAD, serviva un account dedicato per EdModo; uno per Skype; un altro per Cisco e, incredibilmente, quando mancavano solo le credenziali per far lezione sulla piattaforma Rousseau, arrivavano le indicazioni per G-Suite. Necessaria come il pane per garantire la propria presenza ai Meet e per la creazione delle Classroom. Altra e-mail, altre credenziali, altro account. Tutto istituzionale, eh? Perché poi servono i tracciamenti, servono le registrazioni, servono i moduli delle presenze, servono i moduli di verifica, serve che le interazioni siano tracciabili. Tutto serve. Oddio, servirebbe anche riuscire a pensare ai ragazzi – rigorosamente chiusi in casa come noi – ma ai piani alti pensano che la scuola sia solo AULA. Ai piani alti pare non sia chiaro cosa sia la CLASSE. In tutti i sensi. Ma anche questo è un altro discorso.

Intanto, quasi inavvertitamente, siamo a venti! E, a questo punto, uno pensa di aver raggiunto un equilibrio. E invece no!

Poiché non esiste una pandemia in corso, non esistono enormi problemi di sopravvivenza per milioni di persone, non sussistono problematiche importanti da risolvere in tutti i settori della società civile, non esistono questioni inerenti la riapertura delle scuole in sicurezza, non esistono decisioni pedagogico-didattiche da assumere per l’Italia, al MI reputano fondamentale avviare una procedura che fornirà una nuova casella di posta elettronica a tutto il personale in servizio nelle scuole italiane. Pertanto, poiché sono un’insegnante, la mia casella di posta elettronica istituzionale che era @istruzione diventerà @post(...)istruzione. Non si tratterà di una migrazione. No. Forse ai piani alti non la sanno fare. Quindi, ad un certo punto chiuderanno tutto l’ambaradan della casella @istruzione. Ma sono gentili: sono giorni e giorni che continuano ad avvisarci di svuotare tutto, di non lasciare tracce della nostra presenza, di salvare il salvabile. 

Ecco. Volevo dire che sono pronta. Ho archiviato tutto ordinatamente. La mail, che mi consentirà di passare da una casella all’altra, non mi è arrivata. Ma arriverà. Me lo sento! E poi volevo dire che questa trasformazione da @istruzione a @post(...)istruzione, oltrepassando – impavida – non solo il limite delle venti caselle di posta elettronica, ma anche molto altro, racconta molto più di quanto si possa leggere.


mercoledì 1 luglio 2020

Italy I like.

Desideravo solo esprimere il mio GRAZIE agli operatori sanitari d’Italia. In modo particolare ai precari che, a breve, saranno stabilizzati e – appena appresa la notizia – hanno immediatamente stimolato il governo ad adottare analoghi provvedimenti per i docenti precari. Grazie per la vostra vicinanza: avete dimostrato di essere degli eroi veri, con la vostra professionalità e con la vostra empatia.  


Italy I like.

C’era chi pensava che il post-Covid ci avrebbe resi migliori. Non penso sia esatto: la pandemia ci ha resi diversi, cambiando la prospettiva del nostro sguardo.

Tutti sapevamo che, per la Scuola e la Sanità, le risorse finanziarie erano state progressivamente ridotte nell’ultimo ventennio. Tutti sapevamo dell’aumento degli alunni per classe. Per risparmiare. Tutti sapevamo della diminuzione dei posti letto. Per risparmiare. Tutti sapevamo che i lavoratori precari era preferibile non stabilizzarli. Per risparmiare.

Trasformazioni peggiorative operate da Ministri sprovveduti che prospettavano falsi risparmi presentandoli come “ottimizzazione delle risorse”. Scuole chiuse ed accorpate ad altre.  Ospedali chiusi e reparti dismessi.

Poi è arrivato il Covid-19: una specie di randellata nei denti di tutto un sistema smantellato nel corso di lustri di indifferenza. Una manganellata alla quale Sanità e Scuola hanno reagito, operando per la collettività, anche grazie alle risorse professionali precarie che tutti hanno finto di ignorare per anni.

La Sanità ha curato il fisico, la malattia ed ha sostenuto la “voglia di guarire”. La Scuola ha curato la mente, la cultura ed ha sostenuto la “voglia d’imparare”. Ma questa è una visione romantica della realtà; Sanità e Scuola hanno curato i cittadini.

E qualcuno, in questi giorni, deve essersi accorto dell’obbligo morale di stabilizzare le posizioni lavorative degli operatori della sanità. E molti amici infermieri, via social, hanno immediatamente lanciato una campagna in sostegno degli insegnanti precari. Migliaia, in Italia. Da decenni. Così, leggendo le loro frasi di incoraggiamento, leggendo la solidarietà degli infermieri precari nei confronti degli insegnati precari, ho provato un senso di ammirazione ed un sentimento di conforto. Avevo cercato l’occasione per ringraziare tutto il personale sanitario per il lavoro speciale, svolto per noi cittadini comuni, in quest’epoca buia. Ed eccola qui, offerta proprio dai loro pensieri solidali.

Un lavoro speciale, quello degli infermieri, reso ancora più speciale dalla precarietà del lavoro di molti: una precarietà che non lascia intravedere un futuro stabile, una precarietà che nulla ha sottratto in un periodo durissimo per l’Italia. Dico per l’Italia perché la precarietà è una piaga molto italiana, direi solo italiana.

Così quel sentimento “I like Italy” che dovrebbe essere proprio di ogni cittadino del mondo, è diventato un pensiero differente. E’ cambiata la prospettiva. Ed ho solo pensato che solidarizzare tra lavoratori precari è davvero “Italy I like”. Si, hai letto bene, questa è l’Italia che mi piace.

                   Bianca Maria Cartella

              (un'insegnante riconoscente)